IL CAMMINO DELLA MIA VOCAZIONE
LA MIA TESTIMONIANZA
Ero apparentemente una ragazza come tutte le altre, ma il mondo interiore era irrequito. Aspiravo a cose più grandi di me, ad un avvenire lusinghiero; ero vanitosa, attaccata eccessivamente ai valori umani. Nel mio essere più profondo non vi era calma, nè serenità. Ma una sera mentre cercavo di dormire, nel silenzio della notte, Dio mi ha fatto sentire la sua voce, una voce netta, forte, decisa, insistente; devi farti monaca !! se non ti fai monaca vai all'inferno. Questa voce mi ha sconvolta e pensavo allora papà e mamma vanno all'inferno ?? Sono scoppiata in lacrime. Poi ho pensato che nessuno mi poteva obblibare ad entrare in monastero se io non volevo. Ma la calma non tornava. Mi trovavo di fronte ad una presenza più grande di me, ad un appello che era lì, irremovibile, ad attendere la mia risposta.
Cercavo di guadagnar tempo. Se proprio devo farmi monaca - pensavo tra me - entrerò in monastero, ma prima vorrò soddisfare qualche altra vanità; devo prendere maggior contatto con la vita che lascio. Comprendevo, infatti, che una volta pronunziato il mio * si * al Signore, avrei dovuto rinunziare tutto.
La mamma, a cui confidai il segreto, fu molto contenta, perchè stimava ed apprezzava la vita religiosa. Anche il papà, che amava teneramente la mamma, accolse generosamente il mio progetto, anche se in seguito, dinanzi alla realtà della mia assenza in famiglia, ebbe una forte reazione.
In paese si diffuse presto la voce circa la mia risoluzione; da alcuni era accolta bene, da altri con poca fiducia. Tra questi ultimi emergeva la mia maestra di ricamo, una suora anziana, ricca di esperienza di vita religiosa. Forse non aveva torto nelle sue incertezze, vedendo davanti a se una quindicenne spensierata, che nell'ora della ricreazione era sempre a capo di ogni iniziativa di divertenti, che era felice e amante delle distrazioni giovanili. Pian piano però mi sono arresa alla voce di Dio.
Ormai per me esisteva una sola realtà partire, partire subito. Cominciai a tempestare di lettere la Superiora del monastero di Viganello, di cui ebbi notizia da una signorina che la conosceva. Nel giro di sei mesi fu tutto risolto ed io potevo entrare in monastero. Pur essendo tanto decisa, mi assalì all'improviso l'incubo del dubbio sulla verità della mia vocazione. Il cuore era ferito anche dall'intimo strazio della separazione dai miei cari.
La presenza dei miei genitori, che vollero accompagnarmi il viaggio, attenuò il mio dolore. Giunti al monastero, prima di suonare il campanello della portineria, la mamma mi disse; Figlia mia, se quì non ti vorranno bene, ritorna !! La porta della nostra casa è sempre aperta per te. Questa tenerezza mi diede tanta gioia, l'incubo del dubbio scomparve e rimase serena. Dopo la tempesta, una calma indicibile inondava la mia anima. Come destata da un lungo sogno, mi ritrovai in monastero, immersa nella gioia serena delle monache, anch'io ne avrei partecipato.
Entrando in monastero ho trovato una delle fondatrici; Sr. Rosalia che sebbene molto materna ha provato la mia vocazione e più volte ho rischiato di essere mandata a casa perchè a 15 anni ero considerata ancora immatura per abbracciare una tale vita. Difesa e sostenuta dalla mia maestra che mi amava di particolare amore sono andata avanti e lo devo ad essa se oggi sono felice ed ogni giorno sempre più felice. Attraverso la durezza delle prime prove, le difficoltà del nuovo ambiente, sperimentai la soavità ineffabile della mia totale appatenenza a Gesù Crocifisso; non ebbi più paura di nulla.
E il Signore ha continuato a scrivere la sua storia d'amore e dopo 40 anni di vita religiosa mi ha chiesto di andare in Indonesia. Anche lì, l'inizio è stato duro, ho sofferto molto nel lasciare la mia comunità che era diventa più che la mia famiglia ma, anche quì ha agito il Signore. All'inizio non provavo soddisfazione in niente, tutto mi sembrava avverso poi il Signore mi ha fatto così innamorato di quell'angolo di mondo che tutto mi sembrava stupendo. Ci sono rimasta 12 anni e ora che sono in Italia spesso mi sento dire che io ho il corpo quì ma il cuosre in Indonesia, ed è vero.