I SEGNI INDELEBILI DELL'AMORE
GESU' RISORTO APPARE AI DISCEPOLI; ( Giovanni 20,19-31 )
La sera di quel giorno; E' l'imbrunire, il tramonto, quando il sole cade e se neva e si allungano le ombre sulla terra. Nel vangelo scopriamo che questa è l'ora dell'incontro, del ritorno, del riposo; gli operai, stanchi del lavoro, ricevono la paga, gli ammalati vengono condotti da Gesù, sulle piazze o alla porta della città, per cercare guarigione; le folle rimaste digiune vengono invitate al banchetto abbondante dei pani e dei pesci moltiplicati. E infine, i discepoli smarriti, col volto e il cuore triste, trovano compagnia, sulla via di emmaus; Gesù entra e rimane con loro, lui, il nuovo sole che non ha tramonto. E' cosi la nostra sera, beata e piena di grazia, perchè il Signore viene.
ERANO CHIUSE LE PORTE;
Sono cosi le nostre povere porte, i nostri poveri cuori; come prigioni sigillate, scrupolosamente sbarrate, come sepolcri assicurati, a protezione della morte che ci portiamo dentro. Mentre in cielo, nel cuore di Dio, non è cosi; Giovanni descrive la sua visione e dice; Una porta era aperta nel cielo. E' Gesù la vera porta, il vero ingresso nella vita e lui è aperto per noi, spalancato ad attenderci, ad accoglierci. Ecco, lo dice di nuovo, anche per noi; * Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli com me *. Cosi è il nostro percorso pasquale, la via dell'incontro col Risorto.
GESU' STETTE IN MEZZO;
E' bellissimo vedere che lui, il Signore, non ha paura, non si ferma, non fa misure su misure per verificare la nostra disponibilità. Lui viene ed entra, anche a porte chiuse. E sta. Cioè si mostra a noi come il Risorto, il Vivente, colui che domina sulla morte, sulle nostre sconfitte che ci fanno accasciare a terra, che ci stendono. Si pone al centro, al cuore della nostra vita, delle nostre situazioni; lui non sta in disparte, ma si coinvolge totalmente, fino in fondo partecipa di ciò che è nostro, di ciò che noi siamo. E si rivela come vero punto di riferimento, come forza di coesione, che tutto attira e accoglie e trattiene e sostiene. Facciamo spazio a Gesù, apriamo a lui il cuore più profondo della nostra vita, del nostro essere.
MOSTRO' LORO LE MANI E IL FIANCO;
Viene col suo dolore, il Signore, a condividere con noi la fatica, il peso, le ferite della vita. Lui per primo è segnato col marchio a fuoco della sofferenza, dell'amore. Non mentisce mai, non camuffa, non fa finta; riporta alla nostra vista la realtà della croce, dela passione, della morte. Non possiamo fare a meno di tutto questo; è il tesoro, la vera ricchezza che ci salva. Non c'è risurrezione senza croce; non c'è amore vero senza dolore.
Questo gesto di Gesù è come un invito all'abbraccio; le sue mani aspettano le nostre; il suo fianco attende di stringere il nostro cuore. Non dobbiamo avere paura, in questa sera di pasqua, quando brillano le ferite del dolore; perchè c'è lui.
I DISCEPOLI GIOIRONO;
Infatti sorge subito la gioia, la felicità. la paura è vinta, il dolore sorpassato, cancellato. I discepoli sono felici, perchè vedono Gesù. L'espressione che Giovanni utilizza è la stessa che descrive la gioia dei Magi, quando videro la stella, dopo il lungo cammino.
E' finita la notte, il lungo viaggio della fatica è concluso; la meta è raggiunta. Anzi, siamo stati raggiunti, preceduti dall'Amore.
COME IL PADRE HA MANDATO ME, ANCH'IO MANDO VOI;
Succede sempre così; quando nasce un amore vero, non può rimanere nascosto, senza frutti. Il Signore viene a cercarci proprio per questo; unendosi a noi, desidera donarsi ancora di più, raggiungere altri fratelli e sorelle. Lui, il primo inviato, il primo denpo, desidera ancora donare. Prende noi e ci fa come lui, trasformando le nostre povere vite in ricchezza d'amore per tutti . Ma cos'è questa missione, questo invio ?? Lo dice lui stesso; è lieto annuncio per i poveri, liberazione per i prigionieri, luce per i ciechi,, libertà per gli oppressi, è tempo di grazia. Anche noi, allora, come Gesù, siamo inviati per tutto questo; agnelli per i lupi, offerta per chi non ha nulla.
SOFFIO';
Non viene da noi la capacità di realizzare tutto questo, perchè siamo polvere, povera sabbia sulla riva del mare. Come Adamo, plasmato da polvere del suolo, ma che riceve l'alito di Dio, il suo respiro, la sua vita e così nasce. Anche adesso Dio ritorna per continuare la sua opera di amore creativo; proprio quando tutto sembra finito, spento, sbarrato. Lui sa aprire di nuovo, sa far germogliare vita. E' così che l'alito del risorto ci raggiunge; il Signore soffia dentro di noi, come fa capire il bellissimo verbo greco usato da Giovanni e che non si trova in nessun altro passo del Nuovo Testamento.
RICEVETE LO SPIRITO SANTO;
I doni di Gesù continuano a moltiplicarsi, a crescere; prima la sua presenza certa e vittoriosa, poi le sue ferite glorioso, l'invio, la missione, poi ancora il suo respiro dentro di noi, la sua vita unita alla nostra e ora lo Spirito Santo, che è l'Amore infinito, il bacio che unisce il Padre al Figlio. proprio di questo noi siamo resi partecipi, invitati ad entrare nella relazione, nella comunione, nella fusione di Gesù con il Padre. Ma le parole del Signore ci invitano a rispondere con decisione, con forza, perchè non basta solo ricevere, quasi si trattasse di un'azione passiva; il significato di questo verbo, infatti, è molto più ampio.Ricevre, in senso bibblico, significa anche accogliere, prendere, afferrare, addirittura con una sfumatura di violenza, di forza. Nelle cose di Dio siamo chiamati ad abituarci a ricevere, prendere e poi trattenere, custodire.
E' bello pensare che Gesù aveva pronunciato questa stessa parola nell'ultima cena, offrendo ai suoi il pane e il vino, il suo corpo e il suo sangue. E' una comunione che non finisce mai, che sempre si alimenta, si nutre in questo movimento d'amore reciproco, fatto di accoglienza e di custodia, come in un abbraccio che mai si scioglie. La Pasqua è proprio questo Amore così grande.
TOMMASO CHIAMATO DIDIMO;
Non meravigliamoci, adesso, se il Vangelo apre davanti a noi questa scena, che mette in luce tutta la verità di noi stessi. Invitati alla gioia di Dio, fatti partecipi della sua vita, del suo amore, noi ci ritroviamo sempre manchevoli, poveri, inadeguati, assenti. sì, veniamo meno, ci smarriamo, non riusciamo più a ritrovarci, a ritornare. La vicenda di Tommaso è un pò anche la nostra, è inutile negarlo.
Non per niente lui è chiamato Didimo, * gemello * appunto. E di chi, gemello, se non di noi ? La sua lontananza, dagli altri, il suo andarsene via, le sue prese di distanza, la sua incredulità, la sua chiusura, insomma, sono tutti elementi che non facciamo fatica a ritrovare anche in noi.
Gli dicevano gli altri discepoli;
E' bellissimo questo verbo all'imperfetto, che ci aiuta a comprendere lo stato d'animo dei discepoli. Sembra che non facessero più altro che ripetere quanto era loro accaduto; continuamente raccontavano la storia meravigliosa del loro incontro con il Risorto. Non si stancavano, non si scoraggiavano, neanche davanti alla testadarggine di Tommaso e chissà di quanti altri. Fino ai giorni nostri dura quel racconto.
ABBIAMO VISTO IL SIGNORE;
Il verbo, quì, è al perfetto, per indicare un'azione compiuta, piena, completa, a cui non manca nulla. Con un significato molto forte, che va dalla custodia, alla cura, all'attenzione, allo stare in guardia, questo verbo ci porta in tutta la concretezza di questa esperienza di incontro con il Signore Gesù. Un'esperienza, una visione che cambia la vita e trasforma.
Il segno dei chiodi; Tommaso cerca il segno certo dei chiodi, l'impronta, la traccia inconfondibile della morte che ha colpito il suo maestro. Per due volte ripete questa parola, quasi la grida. E' il pezzo mancante, il buco che lo scava dentro e non gli dà pace. Nel suo dolore cerca il dolore del suo Signore. Anche lui si sente scavato dentro, trapassato da quell'esperienza indicibile e solo lì, dentro quelle ferite, lui potrà ritrovarsi. La parola quì usata viene da un verbo molto forte, che significa percuotere, colpire, ferire; è tutto il mondo interiore che lo abita e che Tommaso vuole portare alla luce, vuole consegnare a Gesù.
Otto giorni dopo; Un tempo lungo, una settimana, che è come un'intera esistenza, tutta una creazione è passata, fino al giorno ottavo, cioè al primo dopo il settimo. Un tempo sacro, lo capiamo subito, una cifra simbolica e carica di luce. E' il giorno della circoncisione, quando la nuova creatura viene consegnata a Dio, nei segni dell'alleanza, del patto eterno di amore e riceve il nome, l'identità. E' il giorno, però, anche del sangue, del taglio che segna la carne, il cuore. Così si entra nel popolo di Dio, a far parte dei suoi figli, i suoi amati; con un abcio e una ferita. Tommaso è proprio in questa situazione, nel suo ottavo giorno. Davanti alle ferite d'amore del suo maestro, anche lui viene colpito, circonciso e cosi nasce, uomo nuovo, viene alla luce dopo una lunga notte.
NON ESSERE INCREDULO, MA CREDENTE;
E dopo tutto questo lungo percorso, con il suo carico di dolore, di dubbio, solitudine, fatica, giungiamo alle battute finali, adavvero ,al vero punto di arrivo, di incontro, dove il Signore ci mette alla prova, ci interroga nel profondo e chiede. Cosa cerca da noi, lui, che tutto possiede, che tutto vince ?? Chiede la nostra risposta al suo amore, al suo dolore, messo così a nudo davanti a noi, nessuna ferita, nessuna lacrima egli ci ha nascosto, ma tutto ha voluto donarci. E allora, davvero, manca solo il nostro sì. Che è fiducia, confidenza, fede e poi anche fedelà.
MIO SIGNORE E MIO DIO:
Tommaso è tutto quì, interamente presente in questo incontro sconvolgente con Gesù, che riconosce come suo Dio e suo signore. Sembra di sentire la voce della sposa, che nel Cantico, grida; * il mio amato è mio e io sono sua *
La fede, in fondo, è proprio un incontro d'amore tra l'uomo e il suo Dio; è una festa di nozze che non ha mai fine. Come già nel racconto evangelico, la porta è stata chiusa per l'inizio della festa, perchè lo Sposo è arrivato; beato chi è ritornato, anche da molto lontano ed è riuscito ad entrare, per partecipare alla danza, stretto alle mano e al fianco del Signore Gesù, pastore ferito, venuto a riprendere anche l'ultima pecora, che ancora mancava.