COME IL PADRE HA AMATO ME,...........................

IL COMANDAMENTO DI GESU' ( Giovanni 15,9-17)

RIMANETE NEL MIO AMORE;

Le parole di Gesù a poca distanza dalla sua glorificazione indicano alla Chiesa il significato della sequela e le sue esigenze. Sono parole forti, rispecchianti la gloria di Colui che si consegnerà e donerà di propria iniziativa la sua vita per la salvezza del mondo. ma sono anche parole accorate, e perciò semplici, essenziali, vicine, concatenate, tipiche di un discorso di commiato dove la ripetizione diventa appello dolcemente pressante. Essere discepoli del Cristo è innanzitutto un dono; è Lui che ha scelto i suoi, è Lui che ha rivelato loro la sua missione e sta rivelando il grande * retroscena * del progetto di salvezza; il volere del Padre, l'amore tra il Padre e il Figlio che ora si comunica agli uomini. I discepoli adesso conoscono, a differenza del passato dei primi passi della storia della salvezza e del presente di coloro che si sono chiusi scegliendo di non comprendere il valore delle opere compiute dal Figlio per volontà del Padre; questa loro conoscenza donata chiede e chiederà delle opzioni conseguenti per non rimanere una vuota quanto sterile pretesa. Rimanere nell'amore di Gesù e osservare i suoi comandamenti è innanzitutto una rivelazione , il dono di una possibilità suprema che libera l'uomo dalla condizione tipica dell'amicizia. Rimanere nel suo amore è quello che i Sinottici chiamerebbero il * regno di Dio * nuova situazione nella storia prima ferita dal peccato e ora liberata. 

Nella cultura ebraica l'osservanza dei comandamenti era legata ad una precettistica che scendeva spesso nei particolari anche minimi; tutto ciò aveva ed ha un suo valore, testimoniando così lo sforzo di fedeltà a Dio da parte dei israeliti; il rischio però, comune a tutte le realtà umane, era quello di perdere di vista l'iniziativa di Dio enfatizzando la risposta umana. Gesù nel vangelo di Giovanni ripristina ripristina e perciò rinnova il campo semantico della * legge * e dei * comandamenti * con il concetto di * amore * e con l'invito a * rimanere * Egli rinnova e personalizza, in quanto annuncia e mostra l'amore del Padre dando la vita per salvare il mondo; è amore che rivela la sua qualità non in astratto, ma nel volto concreto e incontrabile del Cristo che ama * sino alla fine * e vive in prima persona l'amore più grande. Più volte Gesù ha descritto il suo rapporto col Padre, il fatto che egli si ponga quì sotto il segno dell'obbedienza al Padre, qualifica l'obbedienza stessa; essa è l'obbedienza non di un servo, ma del Figlio ; e l'opera da compiere, i * comandamenti del Padre mio *, non sono qualcosa di esterno a Gesù, ma ciò che Lui conosce e desidera con tutto se stesso. Il verbo che era presso il Padre è sempre con Lui a fare le cose che gli sono gradite in una comunione di operatività che genera vita. Ed è proprio questo che Gesù chiede ai suoi discepoli, tenedo conto che quel * come Padre ha amato ... come io ho amato voi * non rimane a livello di esemplarità, ma si pone a livello fontale, generativo; è l'amore del Padre la sorgente dell'amore espresso dal Figlio , è l'amore del Figlio la sorgente dell'amore che i discepoli potranno dare al mondo. 

Conoscenza e prassi sono dunque intimamente legate nella prospettiva del * vangelo spirituale *, così come è stato definito il vangelo di Giovanni fin dai tempi dei Padri della Chiesa. La fede stessa, quando è autentica, non sopporta dicotomie nei confronti della vita.

I discepoli appaiono in questi versetti come oggetto della cura premurosa del loro maestro; egli non si dimenticherà di loro neppure nell'imminenza della prova, quando pregherà il Padre per loro e * per quelli che per la loro parola crederanno...* All'orizzonte dell'ascolto, dell'accoglienza e dell'impegno c'è la loro gioia, che è la stessa del loro maestro. E' Lui che li ha scelti, con quei criteri che solo Dio conosce, una elezione che ricorda la scelta di Israele, il più piccolo di tutti i popoli, è Gesù che li costituiti, li ha istruiti, resi forti; tutti ciò assume un significato ancora più intenso se letto alla luce della Pasqua e della Pentecoste; sembra un paradosso, ma è proprio, ma è proprio questo a cui sono chiamati, essere saldi , rimanere eppure andare. Saldezza e dinamicità la cui fonte è ancora il mistero di Dio, per il quale il Verbo era presso il Padre eppure ha posto la sua tenda in mezzo a noi. 

Essere costituiti in saldezza, andare e portare frutto duraturo definisce così il compito dei discepoli dopo la Pasqua del Signore Gesù; ma tutto ciò è posto nei nostri versetti come legato all'invito a chiedere al Padre nel nome di Gesù. Dal Padre, in Cristo e con la forza del Consolatore è attesa dunque la grazia per amare e, amando, testimoniare.